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domenica 10 marzo 2013

EMERGENZA SANITARIA PER I PRODOTTI ALIMENTARI: ATTENZIONE ALLA CONTRAFFAZIONE (ANCHE DEI NOSTRI CERVELLI)

Tutti abbiamo seguito il succedersi di notizie inquietanti emerse per l'essenziale opera di controllo svolta dai NAS dei Carabinieri, che non finiremo mai di ringraziare. Ci auguriamo che l'allarme sociale che si sta diffondendo non si spenga magari per il sopraggiungere di eventi di più alta risonanza nell'ambito della cronaca nera ma produca una buona volta dei cambiamenti concreti. Innanzitutto: non è più possibile che dei criminali che avariano e mettono in commercio cibo pericoloso se la cavino con semplici sanzioni amministrative. Occorre che sia la giustizia penale ad occuparsene, con pene severissime e certe nell'esecuzione. E poi, in caso di flagranza, occorre immediatamente che vengano resi pubblici nomi, cognomi, marchi e ditte coinvolte. Solo così nelle aziende private verrebbe elevato ai massimi livelli il sistema dei controlli interni. Ma non basta, perchè altrimenti, come sempre avviene in Italia, sarebbero solo i lavoratori del settore a pagare. Occorre che gli imprenditori che si macchino di comportamenti così gravi abbiano il patrimonio sequestrato e siano espulsi dal settore, non potendosi più occupare da quel momento di settore alimentare. E poi diciamoci la verità: ognuno di noi sa che questo sistema di etichettatura è fallito. Pensare di poter scoprire il pericolo attraverso la lettura dell'etichetta è come immaginare che i criminali vadano in giro auto etichettandosi come tali. E' ovvio che il contenuto , se non a norma, sarà sempre collegato a etichette fasulle, indipendentemente dall'Europa, le cui multinazionali purtroppo hanno nel settore precisi interessi che le stesse sanno ottimamente tutelare. Sul controllo ex post siamo tranquilli. I NAS sanno come intervenire. Ciò che preoccupa è la prevenzione da parte dei consumatori, dei lavoratori e delle imprese oneste. Occorre adottare misure straordinarie come ad esempio, l'illicenziabilità, la protezione e premi in denaro a quei lavoratori che nel processo produttivo vengano a conoscenza di illeciti nella preparazione degli alimenti e abbiano paura a denunciarli. E' inutile parlare di rapporto di fiducia tra chi vende e chi compra. I supermercati hanno una ragion d'essere oggettiva nella efficienza e nella convenienza ma sono delle SpA e quindi impersonali. Il vecchio generi alimentari ormai svolge un ruolo di nicchia, servendo solo chi se lo può permettere, dati i prezzi.E' vero, la crisi economica ha indotto un abbassamento dei consumi a livello bellico e questo provoca una guerra sui prezzi. Ma la soluzione non è quella di demonizzare chi pratica un prezzo più basso (attenzione, sono gli stessi supermercati a farlo, vendendo prodotti con la loro etichetta) ma semmai costringere chi pratica tali prezzi stracciati a oneri informativi maggiori, anche oltre l'etichetta (pensiamo a quanto già fa una nota rete di fast food Usa presente massicciamente in Italia) . Un'altra misura importante sarebbe quella della partecipazione di tutti i consumatori a un opera informativa diffusa e in rete (meglio se organizzata e gestita dagli stessi NAS) su ogni anomalia registrata in sede di acquisto. Quante volte abbiamo acquistato un prodotto apparentemente di marca e sicuro e abbiamo accusato dei disturbi, anche se lievi? Così come si è educato alla raccolta differenziata, abituiamo la gente alla denuncia diffusa di tutto quanto è anomalo, facendo conservare le confezioni sospette. Non illudiamoci. Finchè ci sarà la crisi comunque il consumatore sarà propenso a comprare il cibo a un prezzo minore rischiando.E poi, così come in azienda esiste un responsabile della sicurezza sul lavoro che risponde di quanto accada, esiste, nelle aziende alimentari, una persona fisica , con nome e cognome, responsabile della genuinità degli alimenti e a cui siano dati i poteri di controllo tali da poter svolgere effettivamente il proprio compito?E che sia immediatamente interpellabile dai Carabinieri e dalla Magistratura?
Altro che le sciocchezze relative al comprare solo italiano o a fidarsi dell'etichettatura, della data di scadenza, della provenienza, del luogo di confezionamento o del marchio dop e igp. E' una vergogna che, in una occasione in cui si parla della vita umana, delle aziende o delle associazioni datoriali non trovino di meglio che farsi una pubblicità occulta: un vero e proprio sciacallaggio.
Passando dal piano dei consumi a quello politico, è evidente che molto debba essere rivisto relativamente a quanto i governi fanno a favore del settore agroalimentare e di quello agricolo, di cui ben conosciamo la potenzialità occupazionale e nell'export. Non vorremmo però che una classe imprenditoriale italiana incapace a tenere il passo con il nuovo e desiderosa di non affrontare questioni che attengono alla condizione dei lavoratori, ci trascinasse in una assurda guerra su base europea, facendoci credere che dietro tutti i problemi del settore vi sia solo una volontà di annessione e conquista da parte delle potenze europee del settore e non invece una inadeguatezza e una selezione naturale tra aziende e sistemi paese che nello stesso continente hanno differenti capacità di competere. Lotta alla contraffazione alimentare quindi ma anche allo sfruttamento dei lavoratori italiani e immigrati, ai bassi salari e alla mistificazioni del mondo dell'informazione indotte dal vecchio capitalismo agrario italico e dai suoi servi politici e sindacali.

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