Tutti abbiamo seguito il succedersi di
notizie inquietanti emerse per l'essenziale opera di controllo svolta
dai NAS dei Carabinieri, che non finiremo mai di ringraziare. Ci
auguriamo che l'allarme sociale che si sta diffondendo non si spenga
magari per il sopraggiungere di eventi di più alta risonanza
nell'ambito della cronaca nera ma produca una buona volta dei
cambiamenti concreti. Innanzitutto: non è più possibile che dei
criminali che avariano e mettono in commercio cibo pericoloso se la
cavino con semplici sanzioni amministrative. Occorre che sia la
giustizia penale ad occuparsene, con pene severissime e certe
nell'esecuzione. E poi, in caso di flagranza, occorre immediatamente
che vengano resi pubblici nomi, cognomi, marchi e ditte coinvolte.
Solo così nelle aziende private verrebbe elevato ai massimi livelli
il sistema dei controlli interni. Ma non basta, perchè altrimenti,
come sempre avviene in Italia, sarebbero solo i lavoratori del
settore a pagare. Occorre che gli imprenditori che si macchino di
comportamenti così gravi abbiano il patrimonio sequestrato e siano
espulsi dal settore, non potendosi più occupare da quel momento di
settore alimentare. E poi diciamoci la verità: ognuno di noi sa che
questo sistema di etichettatura è fallito. Pensare di poter scoprire
il pericolo attraverso la lettura dell'etichetta è come immaginare
che i criminali vadano in giro auto etichettandosi come tali. E'
ovvio che il contenuto , se non a norma, sarà sempre collegato a
etichette fasulle, indipendentemente dall'Europa, le cui
multinazionali purtroppo hanno nel settore precisi interessi che le
stesse sanno ottimamente tutelare. Sul controllo ex post siamo
tranquilli. I NAS sanno come intervenire. Ciò che preoccupa è la
prevenzione da parte dei consumatori, dei lavoratori e delle imprese
oneste. Occorre adottare misure straordinarie come ad esempio,
l'illicenziabilità, la protezione e premi in denaro a quei
lavoratori che nel processo produttivo vengano a conoscenza di
illeciti nella preparazione degli alimenti e abbiano paura a
denunciarli. E' inutile parlare di rapporto di fiducia tra chi vende
e chi compra. I supermercati hanno una ragion d'essere oggettiva
nella efficienza e nella convenienza ma sono delle SpA e quindi
impersonali. Il vecchio generi alimentari ormai svolge un ruolo di
nicchia, servendo solo chi se lo può permettere, dati i prezzi.E'
vero, la crisi economica ha indotto un abbassamento dei consumi a
livello bellico e questo provoca una guerra sui prezzi. Ma la
soluzione non è quella di demonizzare chi pratica un prezzo più
basso (attenzione, sono gli stessi supermercati a farlo, vendendo
prodotti con la loro etichetta) ma semmai costringere chi pratica
tali prezzi stracciati a oneri informativi maggiori, anche oltre
l'etichetta (pensiamo a quanto già fa una nota rete di fast food Usa
presente massicciamente in Italia) . Un'altra misura importante
sarebbe quella della partecipazione di tutti i consumatori a un opera
informativa diffusa e in rete (meglio se organizzata e gestita dagli
stessi NAS) su ogni anomalia registrata in sede di acquisto. Quante
volte abbiamo acquistato un prodotto apparentemente di marca e sicuro
e abbiamo accusato dei disturbi, anche se lievi? Così come si è
educato alla raccolta differenziata, abituiamo la gente alla denuncia
diffusa di tutto quanto è anomalo, facendo conservare le confezioni
sospette. Non illudiamoci. Finchè ci sarà la crisi comunque il
consumatore sarà propenso a comprare il cibo a un prezzo minore
rischiando.E poi, così come in azienda esiste un responsabile della
sicurezza sul lavoro che risponde di quanto accada, esiste, nelle
aziende alimentari, una persona fisica , con nome e cognome,
responsabile della genuinità degli alimenti e a cui siano dati i
poteri di controllo tali da poter svolgere effettivamente il proprio
compito?E che sia immediatamente interpellabile dai Carabinieri e
dalla Magistratura?
Altro che le sciocchezze relative al
comprare solo italiano o a fidarsi dell'etichettatura, della data di
scadenza, della provenienza, del luogo di confezionamento o del
marchio dop e igp. E' una vergogna che, in una occasione in cui si
parla della vita umana, delle aziende o delle associazioni datoriali
non trovino di meglio che farsi una pubblicità occulta: un vero e
proprio sciacallaggio.
Passando dal piano dei consumi a quello
politico, è evidente che molto debba essere rivisto relativamente a
quanto i governi fanno a favore del settore agroalimentare e di
quello agricolo, di cui ben conosciamo la potenzialità occupazionale
e nell'export. Non vorremmo però che una classe imprenditoriale
italiana incapace a tenere il passo con il nuovo e desiderosa di non
affrontare questioni che attengono alla condizione dei lavoratori, ci
trascinasse in una assurda guerra su base europea, facendoci credere
che dietro tutti i problemi del settore vi sia solo una volontà di
annessione e conquista da parte delle potenze europee del settore e
non invece una inadeguatezza e una selezione naturale tra aziende e
sistemi paese che nello stesso continente hanno differenti capacità
di competere. Lotta alla contraffazione alimentare quindi ma anche
allo sfruttamento dei lavoratori italiani e immigrati, ai bassi
salari e alla mistificazioni del mondo dell'informazione indotte dal
vecchio capitalismo agrario italico e dai suoi servi politici e
sindacali.
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